Libera Professione: i luoghi comuni da sfatare
In Italia si contano 1,4 milioni di liberi professionisti – circa il 6% rispetto alla totalità degli occupati – iscritti ad un Albo Professionale, ai quali si aggiungono tutti quei lavoratori indipendenti che, pur svolgendo un’attività di natura intellettuale, sfuggono al sistema delle cosiddette “professioni ordinistiche”. Un classico esempio è dato dalle migliaia di freelance che operano in settori considerati avanguardistici – come l’informatica e le nuove tecnologie, il marketing digitale, le discipline olistiche, ecc. – e, perciò, non ancora regolamentati da una legislazione specifica.
Nonostante, ad oggi, i numeri siano così elevati, i preconcetti e le inesattezze riguardo alla libera professione, di fatto, si sprecano. Del resto, sappiamo bene come i luoghi comuni siano difficili da estirpare e, proprio alla luce di ciò, abbiamo deciso di analizzarne alcuni tra i più noti, per scoprire se e quanto corrispondono al vero o se, al contrario, si tratta soltanto di semplici dicerie.
Cominciamo subito!
#1 Meno ore di lavoro
Uno dei motivi che spingono gli impiegati a lasciare il proprio lavoro, per avventurarsi nel mondo della libera professione, è il desiderio di ridurre le ore trascorse in ufficio, negozio o azienda.
Difatti, è molto diffusa l’idea secondo cui i liberi professionisti, non dovendo rispettare degli orari fissi di entrata e uscita, godrebbero di una maggiore autonomia nell’organizzazione delle attività e, quindi, nella gestione del proprio tempo. Tutto ciò, però, è vantaggioso solo nei periodi più “leggeri”, durante i quali il professionista non ha motivo di restare più a lungo del dovuto sul posto di lavoro; quando, invece, le scadenze si avvicinano o aumentano gli impegni, non è raro che questi sia “costretto” ad allungare la giornata lavorativa, pur di consegnare il progetto entro la data stabilita.
#2 Le spese superano i guadagni
Passiamo al secondo luogo comune, purtroppo altrettanto diffuso rispetto al precedente: il libero professionista deve sobbarcarsi enormi spese e, pertanto, ha un guadagno davvero irrisorio.
Tale affermazione è valida soltanto in determinate situazioni: per chi necessita di attrezzature costose e all’avanguardia, come quelle presenti in uno studio medico specialistico; oppure per quei settori che prevedono l’uso di software professionali, sempre aggiornati all’ultima versione.
Di contro, esiste una moltitudine di persone che, lavorando da casa o appoggiandosi ad uno spazio in condivisione con altri freelance, è riuscita ad abbattere la totalità – o quasi – dei costi.
È chiaro infatti che, per ritagliarsi un “mini-ufficio” tra le mura domestiche, non sia richiesto un particolare investimento, se non per l’acquisto di un laptop e per l’abbonamento alla Rete Internet.
Inoltre, l’uso della tecnologia permette di risparmiare anche sugli spostamenti per lavoro, ormai evitabili. O, come vedremo nel prossimo punto, sugli aspetti più complessi come la fiscalità.
#3 Gestire la Partita IVA è un vero incubo
C’è tanta gente che, solo a sentir parlare di fisco e burocrazia, entra a tutti gli effetti in uno stato di agitazione. Cosa che, purtroppo, costituisce un bel problema, poiché l’unico modo per esercitare la libera professione in piena regola, per lo meno in Italia, consiste nell’aprire la Partita IVA.
Tuttavia, ciò che alcuni non sanno è che esiste una soluzione pratica e low cost: chi si affida ad un consulente online – come Fiscozen, ma non solo – può ricevere assistenza tecnica sia nelle fasi di inquadramento e avvio dell’attività (ad esempio, per chiarire eventuali dubbi su Codici ATECO e regimi fiscali), sia nel disbrigo degli adempimenti previsti dalla legge (fatture, dichiarazioni, ecc.).
Inoltre, l’abbonamento ad un consulente digitale è accessibile a tutti. Il pacchetto Fiscozen, ad esempio, è pari a 299 euro + Iva per i forfettari e a 799 euro + Iva per il regime ordinario.